
Chi ha ucciso Brent Sikkema? Il delitto del gallerista newyorkese tra arte, eredità e tradimenti
L’omicidio brutale di Brent Sikkema a Rio de Janeiro, il sospetto sul marito Daniel Carrera, le indagini che attraversano Cuba, Brasile e Stati Uniti. Una storia di amore, soldi e sangue che scuote il mondo dell’arte.
Un agente scende dalla volante. I lampeggianti rossi e blu dipingono la notte di quella stazione di servizio dello stato brasiliano di Minas Gerais, a circa 960 chilometri a nord-ovest di Rio. L’agente si dirige verso una vettura parcheggiata in disparte. Bussa al vetro con il pugno e sveglia il conducente che dorme al suo interno. L’uomo si volta di colpo verso sinistra e attraverso il vetro riconosce la divisa e il distintivo all’altezza del cuore dell’agente all’esterno. Si pietrifica, il corpo non ha neanche il tempo di agitarsi o di emettere una goccia di sudore che viene trascinato fuori dall’auto, buttato a terra e ammanettato. Si chiama Alejandro Triana Prevez. È un cittadino cubano ed è accusato di omicidio.
«Jardim Botânico a Rio de Janeiro è il mio rifugio lontano dal trambusto di Manhattan, un’"oasi", che mi porta pace e il luogo in cui, alla mia morte, desidero che le mie ceneri vengano disperse».
A pronunciare queste parole è il noto gallerista Brent Sikkema, durante un’intervista, mentre parla della sua casa a Rio. Una delle sue tante case sparse per il mondo. Rilette oggi, sapendo come sono andati i fatti poco tempo dopo, quelle parole risuonano come un tremendo presagio.
È il 14 gennaio 2024 e da poco sono passate le quattro del mattino. Un uomo con un cappellino da baseball esce da una villa a schiera nel quartiere Jardim Botânico a Rio de Janeiro. L’asfalto brilla, ancora bagnato dalla pioggia. L’uomo attraversa la strada. Raggiunge il marciapiede opposto. Sale sulla sua auto e se ne va. Le telecamere di sorveglianza riprendono tutto. Entrata. Uscita. Un tempo preciso, tracciato.
Dentro quella casa, nella stanza da letto, qualche ora dopo viene ritrovato il corpo senza vita di Brent Sikkema. Diciotto sono le coltellate che gli sono state inferte e che hanno provocato la morte dell’uomo. Una morte crudele, spietata.
All’interno della casa, ci sono evidenti segni di colluttazione. Brent ha lottato. Ha cercato di opporsi alla forza bruta del suo assassino. Ha tentato di resistere a quella fuga cieca di violenza. Alla lista degli oggetti della casa mancano quarantamila dollari. Per la polizia brasiliana si tratta di una rapina finita male. L’arma del delitto? Un coltello da cucina. Probabilmente recuperato proprio lì, nella casa della vittima.
È così che viene ucciso Brent Sikkema, noto gallerista newyorkese di 75 anni, lasciando un figlio e un marito, da cui si era separato da tempo.
Tutto sembra chiaro. Un caso lineare. Nessuna ombra apparente.
Chi conosceva Brent però – soprattutto il suo avvocato, che lo aveva seguito nella separazione e nelle ultime pratiche legali – lo dice subito: qualcosa non torna.
Dalla telecamera di sicurezza si risale alla targa del veicolo con cui il presunto assassino abbandona la scena del delitto. La polizia si mette sulle sue tracce e, dopo qualche giorno, l’auto viene ritrovata in una stazione di servizio nello stato di Minas Gerais.
Alla guida c’è Alejandro Triana Prevez, cittadino cubano che, per un periodo, aveva lavorato come guardia di sicurezza in una delle case di Sikkema a Cuba. La polizia lo arresta. Diventa celebre l’immagine in cui Prevez viene fatto sfilare davanti alla stampa, con le braccia ammanettate davanti a sé. Una figura esile, i lineamenti scavati, catturati dai flash delle telecamere. Un’espressione terrorizzata sul volto.
Per molti, il caso è chiuso.
L’omicidio di Brent Sikkema sconvolge il mondo dell’arte. Per oltre cinquant’anni è stato un pilastro della scena culturale internazionale, contribuendo a portare alla ribalta una schiera eterogenea di pittori, scultori e fotografi.

Sikkema nasce in una zona rurale dell’Illinois, lo Stato della Prateria, così soprannominato per la sua conformazione geografica e le vaste distese pianeggianti. È il più giovane di due figli; i genitori gestiscono una taverna locale, dove Brent trascorre gran parte della sua infanzia.
Ma quella vita rurale, popolare, gli sta stretta. Negli anni Sessanta si trasferisce a San Francisco, dove studia fotografia e regia al San Francisco Art Institute. Il suo obiettivo è chiaro: diventare un grande fotografo. Scatta solo in bianco e nero e, per un periodo, riesce a farsi strada nel mondo delle immagini, lavorando anche per alcune gallerie.
Nel 1991 si trasferisce a New York e compie il grande passo: fondare una galleria tutta sua. Nasce così la Wooster Gardens, a SoHo, nel quartiere più cool della città, interamente dedicata all’arte contemporanea americana. È qui che Brent entra in contatto con una rete vivace e stimolante di curatori, artisti, scrittori e giornalisti. Insieme danno vita a un tessuto comunitario e sociale, profondamente intrecciato con la scena dell’arte contemporanea.
Il suo lavoro di gallerista lo porta a interessarsi ad artisti appartenenti a minoranze e, nel corso degli anni, sostiene attivamente il lavoro di molte artiste donne.
Chi lo ha conosciuto e ha condiviso con lui quegli anni lo ricorda così:
«Riusciva veramente a vedere la complessità del mondo e a comprenderla. Sentiva l’obbligo di lavorare con quegli artisti, e di contribuire a raccontare la loro verità.»
Alla fine degli anni ’90, Brent incontra il suo futuro socio in affari: Michael Jenkins. È con lui che trasformerà la Wooster Gardens in una potenza internazionale. Nel 1999 la galleria si trasferisce nella sua attuale sede a Chelsea, nel cuore di Manhattan, e cambia nome: nasce la Sikkema Jenkins & Co (oggi Sikkema Malloy Jenkins).
Il sogno di Brent si realizza. La sua galleria diventa una delle più influenti di New York, rappresentando nomi di spicco come Jeffrey Gibson, Sheila Hicks, Vik Muniz, Kara Walker e Louis Fratino.
È proprio in questo momento di grande successo professionale che Brent incontra quello che diventerà suo marito: Daniel Garcia Carrera.
È il 2007. Tra i corridoi di Art Basel Miami, sotto le luci fredde e asettiche degli stand, tra un booth e l’altro, scocca la scintilla. È amore a prima vista. Un amore passionale, totalizzante. Poco dopo, Daniel si trasferisce nell’appartamento di Brent, a Manhattan.
La vita di Daniel è l’opposto di quella di Brent. Nato nella Cuba afflitta dalla povertà, da bambino subisce abusi. Per un periodo è costretto a prostituirsi per sopravvivere. La vita sull’isola è dura, soffocata dal controllo. La libertà, lì, è solo un’illusione. Daniel era ancora molto giovane quando, un giorno, decide che è abbastanza. Riesce a fuggire negli Stati Uniti e abbandona per sempre il regime cubano.
Tra lui e Brent ci sono vent’anni di differenza. Anche la situazione economica è profondamente sbilanciata. Alcuni diranno che Daniel vive alle spalle di Brent. Ma nulla sembra scalfire quell’unione. Nel 2010, grazie a una madre surrogata, nasce il loro figlio.
Nel certificato di nascita, per un errore burocratico, Brent risulta come “madre” e Daniel come “padre”. Un’anomalia che, in fondo, racconta qualcosa della forza e della tenerezza del loro legame.
Nel 2013 il matrimonio. Brent lavora in galleria, Daniel si occupa della casa e del figlio. Viaggiano. Vivono in modo spensierato, tra vacanze di lusso a Cuba, in Brasile, in Europa. Brent stravede per Daniel. Lo considera un padre straordinario.
Chi li conosce li descrive così: «Una coppia solida, innamorata. Un esempio raro, autentico, di matrimonio vero.»

Dal 2019 cominciano le prime tensioni tra Brent e Daniel. All’inizio, solo qualche litigio di troppo. Poi le incomprensioni, i silenzi. Entrambi si chiudono sulla difensiva. Lo spazio per il dialogo si restringe, giorno dopo giorno.
Poi arriva la pandemia. Il mondo si ferma, e con esso anche il loro rapporto. Daniel chiede più libertà. Propone a Brent di aprire la relazione. Ma Brent rifiuta. E quel “no” segna una frattura profonda, destinata ad allargarsi. Dopo il periodo d’emergenza legato al COVID-19, i due sono sempre più distanti. Daniel trascorre lunghi periodi nella casa all’Avana, a Cuba. Brent rimane nella sua abitazione di New York.
Arriva il 2022. Daniel presenta ufficialmente istanza di divorzio.
Da quel momento in poi, non resta più traccia di quel legame magico che li aveva uniti. Iniziano gli atti giudiziari, gli incontri con gli avvocati, le tensioni in tribunale. Il centro dello scontro? Il figlio, e la sua custodia.
Nessuno riesce davvero a spiegare come l’amore possa trasformarsi in odio. Ma succede. Forse è il destino di ogni passione bruciante: più è forte l’inizio, più feroce è la fine. Volano accuse da entrambe le parti. Brent comincia a sentirsi minacciato. Decide allora di proteggere il suo patrimonio. A insaputa di Daniel, lo esclude dal testamento.
Destina una parte significativa dei suoi beni a un fondo, creato esclusivamente per il figlio e Daniel, da quel momento, non è più l’erede. Tutto viene affidato all’avvocato James Deaver, uomo di fiducia di Brent, che diventerà il custode dei suoi ultimi desideri.
Ed è così che torniamo a lui. Alejandro Triana Prevez. Ammanettato, lo sguardo umiliato, condotto in carcere con l’accusa di aver ucciso Brent Sikkema.
Dopo qualche mese di reclusione, durante una serie di colloqui con gli inquirenti, Prevez crolla. E inizia a raccontare un’altra verità. Accusa il marito di Brent, Daniel Carrera, di essere il mandante dell’omicidio. Secondo la sua deposizione, sarebbe stato l’inverno del 2023 quando Daniel lo avrebbe contattato per offrire 200.000 dollari in cambio della vita del suo ex compagno.
Un omicidio premeditato. Forse motivato dalla volontà di mettere le mani su quell’enorme eredità, nonostante il loro matrimonio fosse ormai finito. La polizia riapre il caso, seguendo questa nuova pista. E i riscontri non tardano ad arrivare: contatti telefonici tra Daniel e Prevez, prove della loro presenza contemporanea all’Avana, coincidenze troppo precise per essere ignorate.

Si apre un nuovo capitolo. Gli avvocati scendono in campo. Inizia uno scontro durissimo: prove, controprove, udienze, interrogatori. Poi, a febbraio 2025, la svolta: il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti incrimina formalmente Daniel Carrera con l’accusa di aver orchestrato l’omicidio di Brent Sikkema.
Il processo è attualmente in corso. Daniel rischia l’ergastolo. O, nei peggiori scenari, la pena di morte.
Secondo il vicedirettore dell’FBI, che ha seguito personalmente il caso, Daniel avrebbe sfruttato il fatto di essere ancora legalmente sposato con Brent per orchestrare un omicidio su commissione. L’obiettivo: non solo l’eredità, ma anche la custodia esclusiva del figlio.
La verità, ora, spetta a un giudice. A una giuria. A un sistema legale che dovrà valutare ogni frammento di questa storia.
L'unica cosa veramente certa è che quella notte del 14 gennaio, Brent ha provato a resistere alla furia omicida del suo assassino. Ha lottato, nel cuore della notte, per difendere la vita che aveva costruito. Quella vita che amava profondamente.
Noi, spettatori affamati di verità, appassionati di true crime, dilettanti investigatori sempre pronti a formulare una teoria - una qualunque, purché nostra - ci dimentichiamo spesso una cosa fondamentale.
A volte, la nostra sete di indagini, il nostro desiderio quasi pornografico di risolvere questi casi, diventa più forte del rispetto che dovremmo avere per le vittime.
Rispetto per chi non può più difendersi.
Rispetto per chi ha perso la vita.
Immagine di copertina: Momento dell'arresto di Alejandro Triana Prevez, immagine creata con AI
Alessio Vigni, nato nel 1994. Progetta, cura, scrive e si occupa di arte e cultura contemporanea.
Collabora con importanti musei, fiere d'arte, organizzazioni artistiche. Come curatore indipendente, lavora principalmente con artisti emergenti. Recentemente ha curato "Warm waters" (Roma, 2025), "SNITCH Vol.2" (Verona, 2024)e la mostra "Dialoghi empatici" (Milano, 2024). La sua pratica curatoriale indaga il rapporto tra il corpo umano e le relazioni sociali dell'uomo contemporaneo.
Scrive per diverse riviste specializzate ed è autore di cataloghi d'arte e podcast. Per Psicografici Editore è coautore di SNITCH. Dentro la trappola (Roma, 2023). Dal 2024 è membro dell'Advisory Board di (un)fair.