
Da granaio a cattedrale dell’arte: la storia del Zeitz MOCAA Museum di Cape Town
Nel cuore del Victoria & Alfred Waterfront, un vecchio granaio diventa il più grande museo al mondo dedicato all’arte contemporanea africana.
Nel quartiere portuale del Victoria & Alfred Waterfront a Cape Town, un ex deposito di granaglie è diventato uno dei musei più ambiziosi del continente africano: il Zeitz Museum of Contemporary Art Africa, noto come Zeitz MOCAA. Aperto nel 2017 è la più grande istituzione al mondo dedicata esclusivamente all’arte contemporanea africana e della diaspora. L’edificio occupa un vecchio silo per il mais risalente al 1924, riqualificato dallo studio dell’architetto Thomas Heatherwick grazie a un progetto diventato in breve tempo un caso di studio internazionale. Il risultato è uno spazio monumentale di oltre 9.500 metri quadrati, distribuiti su nove piani e con molteplici gallerie, in cui l’architettura industriale originale convive con nuove soluzioni visive. Ad esempio l’imponente atrio centrale scavato direttamente nei cilindri in cemento e illuminato da grandi vetrate. L’obiettivo? Rimettere al centro della scena artistica globale le produzioni africane, creando un polo museale di riferimento per l’intero continente.
Patron del progetto è Jochen Zeitz, ex CEO di Puma appassionato di arte africana. Nei primi anni Duemila ha iniziato a collezionare opere di artisti africani e diasporici, fino a diventare il principale promotore del Museo. La sua collezione è stata concessa in prestito al MOCAA e i fondi per la ristrutturazione (oltre 500 milioni di Rand sudafricani, pari a circa 30 milioni di Euro) sono arrivati da una partnership tra Zeitz e il consorzio V&A Waterfront. Fin dall’apertura, però, l’istituzione non è stata esente da critiche. Alcuni osservatori hanno infatti fatto notare come, nonostante la narrativa di restituzione culturale e inclusione, la proprietà della collezione resti privata e la gestione del Museo non sia sempre stata trasparente. In particolare per diversi anni non sono stati pubblicati bilanci dettagliati, in contrasto con le normative sudafricane per gli enti no profit. Anche il prezzo del biglietto (circa 12,00 Euro) ha suscitato polemiche: troppo alto per buona parte della popolazione locale, sebbene successivamente siano stati introdotti accessi gratuiti per residenti e studenti.

La tensione tra ambizione e accessibilità ha avuto un punto di rottura nel 2018, quando il primo direttore esecutivo Mark Coetzee è stato sospeso e poi rimosso in seguito a denunce interne su presunti abusi di potere e gestione poco inclusiva. Nel 2019 il consiglio direttivo è stato così ristrutturato e Koyo Kouoh, studiosa camerunense di fama internazionale, é stata nominata direttrice esecutiva e curatrice capo. Kouoh ha impresso al museo una direzione di studio forte e politicamente chiara, lanciando mostre di grande impatto come “When We See Us: A Century of Black Figuration in Painting” e ha rafforzato il ruolo educativo dell’istituzione. Tra i progetti più innovativi sicuramente si è distinto “MOCAA On The Move”, un museo mobile pensato per portare l’arte nelle scuole più periferiche, e un programma di borse di studio per formare curatori africani in collaborazione con l’Università del Western Cape. La sua attività si è però interrotta bruscamente il 10 maggio 2025, con la scomparsa a soli 57 anni. Kouoh era stata inoltre nominata curatrice della Biennale di Venezia del 2026 e la sua morte ha lasciato un vuoto enorme nel panorama artistico internazionale. Il museo l’ha commemorata il 29 maggio 2025 durante una giornata costellata di interventi, performance e installazioni dedicate.

Oggi lo Zeitz MOCAA continua a operare nel solco tracciato da Kouoh, ma anche a fare i conti con le sfide palesatesi fin dall’inizio: il rapporto tra pubblico e privato, l’accessibilità culturale, la reale partecipazione delle comunità locali. È un museo importante, uno dei pochi al mondo a dare spazio e risorse alla creatività africana in modo strutturato, ma resta un’istituzione giovane e in continua trasformazione. Non è un progetto nato dal basso, ma può ancora diventare un modello di riferimento se saprà ascoltare il contesto in cui è inserito. È proprio questa la sua sfida: trasformarsi da icona architettonica a piattaforma culturale capace di generare un impatto reale e duraturo.
Foto di copertina: Zeitz MOCAA interno
Personalità radio televisiva, digital content creator, scrittrice per diverse testate e autrice del volume “Arte Queer. Corpi, segni, storie” edito da Rizzoli, Elisabetta Roncati ha deciso di unire formazione universitaria economica/manageriale e passione per la cultura con un unico obbiettivo: avvicinare le persone all’arte in maniera chiara, facilmente comprensibile e professionale. Interessata a ogni forma di espressione artistica e culturale, contemporanea e non, ha due grandi passioni: l’arte extra-europea e i diritti civili. Nel 2018 ha fondato il marchio registrato Art Nomade Milan con cui si occupa di divulgazione digitale sui principali social media (Instagram e Tik Tok @artnomademilan).