
La collezione Panza dialoga con Gemma De Angelis Testa nella cornice verde di Villa Panza
A Varese, la storica dimora diventa teatro di un incontro unico
Ed eccoci allora a Villa Panza, meta perfetta per queste giornate di primavera e di ponti. Qui l’imbarazzo si ha tra scegliere tra il contenitore e il contenuto. Siamo a Varese, nel quartiere Biumo Superiore, appena fuori città (se arrivate da Milano mettete in conto un’oretta di strada) e qui, ben riparata dalla rigogliosa vegetazione, si erge Villa Panza. La Villa ha avuto una gestazione un po’ complessa: per riassumere possiamo dire che la sua costruzione cominciò a metà del Settecento da parte di un nobile locale, Antonio Menafoglio, poi passò nelle mani di un ramo della famiglia d’Este e dei Visconti Arese finché divenne dei Panza (poi conti Panza di Biumo) negli anni Trenta del Novecento. Fu scelta come “villa di delizia” (per noi è un po’ la Versailles del contemporaneo) dal conte Giuseppe Panza di Biumo (1923-2010), visionario e geniale collezionista che la elesse a scrigno della sua collezione d’arte. Da metà degli anni Novanta, per suo stesso volere, la Villa divenne un tesoro del FAI, che ancora oggi ne è proprietario, e certamente si colloca tra le perle del Nord Italia sia per le opere d’arte della collezione permanente (siamo a circa 300 pezzi) sia per il contesto in cui è inserita, un glorioso parco verde con giardini all’italiana punteggiato di fiori, aiuole, fontane.
Per quanto riguarda la collezione permanente, che dire? Ci sono lavori di Dan Falvin, James Turrel, Roberti Irwin ed Ettore Spalletti, resi ancor più preziosi dall’allestimento in villa, curato fin nel minimo dettaglio dal fu conte Panza di Biumo. Il consiglio è prendersi del tempo e girare con calma tra le sale (i pannelli con le didascalie non mancano).
Da questo mese e fino al 12 ottobre c’è un motivo in più per recarsi a Villa Panza: per la prima volta il FAI ha scelto di ospitare in una mostra temporanea le opere di un’altra collezione e così Un altro sguardo. Opere dalla Collezione Gemma Testa, a cura di Gabriella Belli, Gemma De Angelis Testa e Marta Spanevello, si trasforma in un’ulteriore scoperta. Si comincia al piano nobile e poi via, lungo una decina di stanze, suddivise per temi e artisti, in dialogo non diretto ma comunque interessante con la Collezione Panza, che rimane comunque esposta negli spazi storici della casa-museo. «L’obiettivo è quello di aprire gli spazi espositivi temporanei del museo ad una comparazione tra i diversi modi di concepire e creare una collezione d’arte, a confronto con la magnifica raccolta di Giuseppe Panza di Biumo», spiega Gabriella Belli, curatrice della mostra e del progetto scientifico di Villa e Collezione Panza.
«La collezione Panza guarda a un’arte perlopiù americana che potremmo definire più spirituale, quasi metafisica, aperta alle grandi domande. Gemma De Angelis Testa è invece una collezionista più versatile, molto attenta ai grandi temi della modernità se pensiamo allo spazio dato alle artiste donne o agli artisti attivisti», ci spiega mentre camminiamo nelle sale Marta Spanevello. I pezzi che vediamo in mostra, da Cy Twombly, Robert Rauschenberg e Mario Merz passando per Shirin Neshat e Vanessa Beecroft, senza dimenticare i tre importanti pezzi firmati da Armando Testa, raccontano molto anche della personalità della collezionista. Parliamo della milanese Gemma De Angelis Testa, una delle “Signore del contemporaneo” in Italia: moglie del geniale e visionario Armando Testa (1917-1992: artista, ché definirlo pubblicitario sarebbe davvero riduttivo), in oltre trent’anni ha selezionato e raccolto opere degli artisti più svariati.

«Lei stessa ci ha detto che la sua passione per il collezionismo è nata dopo la morte del marito, quasi a voler continuare un dialogo con lui interrotto. Era fin da subito chiaro a Gemma Testa che la collezione sarebbe stata destinata ai musei e infatti, anche di recente, molte sono state le sue donazioni», racconta Spanevello. Il riferimento è al corposo dono di opere ai Musei Civici Veneziani: a Ca’ Pesaro sono giunte 105 artworks firmati da Robert Rauschenberg e Cy Twombly affiancati ai maestri dell’Arte povera Mario Merz, Michelangelo Pistoletto, Pier Paolo Calzolari, Gilberto Zorio, e poi ancora Anselm Kiefer, Gino De Dominicis, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Mario Schifano, Tony Cragg ed Ettore Spalletti (questo per far capire il valore della donazione). Gemma Testa De Angelis è poi anche la fondatrice di ACACIA (Associazione Amici Arte Contemporanea Italiana) e molto si è spesa per sostenere anche il Museo del Novecento di Milano. Trovarsi ora a Villa Panza davanti la sua collezione (seppure in una forma parziale) ci porta a considerarne la curiosità nella ricerca, il suo eclettismo. Deliziosa, ad esempio, la sala che mette a confronto tre campioni della pittura come Elizabeth Neel, Cecily Brown, Oscar Murillo mentre alle artistar di casa (Francesco Vezzoli e Vanessa Beecroft) è lasciato il compito di ragionare sul corpo delle donne, di cui troviamo un contrappunto nella sala successiva, con lavori di Shirin Neshat e Marina Abramoviç

Bisogna soffermarsi qualche minuto in più – e questo per concludere che l’arte contemporanea, quando è grande, è tutt’altro che decorativa – nelle due sale finali: in quella più politica, troviamo i lavori di artisti e attivisti dissidenti come i cinesi Ai Wei Wei e Yan Pei-Ming, insieme a due gloriosi arazzi di Wiliam Kentridge, uno dei quali dedicato alla Terra Promessa, ovvero alla Palestina, mentre il giro si chiude con un omaggio alla “spiritualità dell’arte” del padrone di casa Panza di Biumo, con un poetico video di Grazia Toderi e due lavori di Thomas Ruff, che riflettono sull’essere qui, ora, e Altrove.
Immagine di copertina: © Villa Panza. Un Altro Sguardo. Foto di Lorenzo Pennati, 2025 © FAI
Milanese, giornalista professionista, mamma di due gagliarde adolescenti, ama raccontare il bicchiere mezzo pieno della vita, senza trascurare eventuali depositi sul fondo. Da quindici anni si dedica con passione alla cronaca culturale, italiana e internazionale, e firma interviste per alcune delle principali testate italiane. Fissata da sempre con l’arte contemporanea, è anche una travel addicted iper-organizzata. Ultimamente ha tradito la corsa con il pilates.