Something in the Water: la mostra sull’acqua al MAXXI

Una collettiva tra arte pubblica, attivismo ecologico e design sostenibile che trasforma lo spazio espositivo in un’esperienza immersiva su comunità, natura e diritti ambientali.

26.06.25

Something in the Water è il titolo della mostra del Dipartimento Arte del MAXXI, a cura di Oscar Tuazon (Seattle, 1975) e Elena Motisi come curatore associato, che esplora l’acqua come metafora ed elemento in grado di resistere a ogni tentativo di essere modellato, come mezzo essenziale per gli artisti: un puro specchio. Con una nuova produzione inedita prodotta a Roma, la mostra al MAXXI segna un nuovo capitolo del più ampio progetto Water School di Tuazon, un progetto di arte pubblica e, al contempo, un’iniziativa che esplora le dinamiche e le politiche legate all’accesso e al controllo della terra, dell’acqua e delle infrastrutture: una pratica omnicomprensiva di creazione di spazi di incontro e collaborazione.

La mostra è pensata come se quasi fosse outdoor, fluttuante nella sala presenta opere iconiche toccando i margini dell’architettura e dell’attivismo, evocando il flusso sinuoso delle anse del Tevere.

Il curatore, Tuazon è un’artista statunitense noto per collegare le possibilità funzionali della scultura alla politica dell'arte pubblica, abile nell’ esplorare nei suoi progetti e nelle sue sculture un linguaggio ibrido tra arte e architettura, attivando un confronto tra industria ed ecologia, tra contesto urbano e naturale.

Artista affermato, è stato assistente di Vito Acconci; ha fondato più di dieci anni fa, il progetto d’arte pubblica Water School che esplora le dinamiche di potere che governano l’accesso alle materie prime del pianeta. Il suo approccio interdisciplinare, minimalista, concettuale e legato all’architettura, produce oggetti e ambienti per edifici e aggiorna le idee utopiche che hanno composto i fondamenti dell'arte degli anni '70.

Something in the Water, Camilla Boemio negli spazi della mostra, Fondazione MAXXI, Roma Something in the Water, Camilla Boemio negli spazi della mostra, Fondazione MAXXI, Roma

Per Tuazon: «Lavorare con l'acqua è un esperimento con l'infinito, un processo di apprendimento in continua evoluzione che ci porta a dialogare con le nostre comunità e con il mondo che ci circonda. L'acqua è più intelligente di noi. L'acqua è l'insegnante per eccellenza e come artista la considero uno strumento essenziale per creare arte. Credo inoltre profondamente che l'arte abbia una capacità speciale di espandere la nostra comprensione del mondo, ed è mio grande privilegio riunire artisti estremamente significativi nel loro percorso di ricerca".

La poetica artistica e la consapevolezza sociale si diramano nella mostra in un susseguirsi di immagini, strutture e parole.

Colpiscono alle pareti, siebtermaizweitausendundvierundzwanzig (2024), due enormi tele speculari di Ugo Rondinone ispirate ai paesaggi di Lucerna, ridotte a essenzialità cromatica e gestuale per restituire un’arte accessibile a tutti. Poi ancora, Kuku Town Core Unit (2023) di Marjetica Potrč, nuova edizione di un’unità di servizi progettata per Città del Capo. In bilico tra urbanistica e progetto antropologico, simbolo di un attivismo volto alla legalizzazione degli insediamenti informali.

Con le quattro tavole cartografiche del progetto Over the River (1994 - 2007) si scopre la magia del progetto realizzato per l’Arkansas River, mai realizzato ma portato avanti per anni da Christo e Jeanne Claude. Oscar Tuazon. Abraham Cruzvillegas porta in scena il concetto di "autoconstrucción" con Icharhuta atonal en cientotreyntaidosavos de tono (para Luis Gonzalez y Gonzalez) (2017), una canoa tradizionale delle popolazioni indigene del lago Pátzcuaro, che evoca la memoria delle acque e delle comunità che ne abitano il corso.

Lita Albuquerque accoglie il visitatore con un'installazione video a tre canali dal titolo Liquid Light (2022), un viaggio nel tempo con lei come protagonista e con sua figlia danzatrice e performer; nel tentativo di comprendere la relazione tra uomo e natura. Di fronte ad essa, Great Lakes Water School (2023) di Oscar Tuazon in collaborazione con Peter Sandbichler emerge come una costruzione sperimentale interamente realizzata con materiali di recupero. Il percorso prosegue nella galleria 2 con Water Cats 8 (2015) di Matthew Barney, una scultura in rame per la quale l’artista affida il gesto creativo alla potenza trasformativa dell’acqua; un lavoro che introduce l’artista in un linguaggio meno conosciuto rispetto alle sue iconiche video installazioni. Qui, il metallo incontra la pressione idrica, che scolpisce la materia in forme organiche, trasformando il processo di fusione stesso in uno degli elementi essenziali dell’opera.

Something in the Water, vista dell'installazione_fotografia di ®Luis Do Rosario, per gentile concessione di Fondazione MAXXI
Something in the Water, vista dell'installazione_fotografia di ®Luis Do Rosario, per gentile concessione di Fondazione MAXXI
Something in the Water, vista dell'installazione_fotografia di ®Luis Do Rosario, per gentile concessione di Fondazione MAXXI
Something in the Water, vista dell'installazione_fotografia di ®Luis Do Rosario, per gentile concessione di Fondazione MAXXI
Something in the Water, vista dell'installazione_fotografia di ®Luis Do Rosario, per gentile concessione di Fondazione MAXXI
Something in the Water, vista dell'installazione_fotografia di ®Luis Do Rosario, per gentile concessione di Fondazione MAXXI

Nel cuore della galleria 2, Building (2023) di Tuazon supera la forma di semplice struttura presentandosi come spazio di relazione, in cui il pubblico e le opere dell’artista trovano dimora insieme al racconto video della Cedar Spring Water School.

Niagara (1975) e Hydra’s Head (1974) di Nancy Holt chiudono la narrazione della mostra con le immagini in movimento delle potenti acque del Niagara che, nella loro purezza originaria, si trasformano in un'opera che esalta la forza e la magnificenza dell’acqua.

In questo caleidoscopio in movimento continuo la conversazione con il noto artista austriaco Peter Sandibichler che ha collaborato con Oscar Tuazon.

Camilla Boemio: Potresti introdurci "Great Lakes Water School" (2023) realizzato con Tuazon?

Peter Sandibichler : Dal 2016, Oscar ha finalmente ottenuto il permesso da Steven Baer e Holly Baer, di realizzato diverse versioni delle loro case (zome homes), originariamente costruite negli anni '60. Le ha realizzate in diverse scale (1:1, 1:4, ecc.), utilizzando materiali e tecniche di costruzione diverse a seconda del contesto spaziale della mostra. Oscar ed io abbiamo entrambi un approccio concettuale alla scultura che ha reso plausibile la collaborazione.

Something in the Water, vista dell'installazione_fotografia di ®Luis Do Rosario, per gentile concessione di Fondazione MAXXI Something in the Water, vista dell'installazione_fotografia di ®Luis Do Rosario, per gentile concessione di Fondazione MAXXI

CB: L’installazione coinvolge completamente i visitatori.

PS: Quando ha preparato la mostra per FJK3 a Vienna, ci siamo messi in contatto perché abbiamo soprattutto due cose in comune: il lavoro con il cartone e il profondo interesse per le opere di Buckminster Fuller. Anche a Oscar piaceva il mio approccio con il cartone riciclato ricavato da biciclette. Così mi ha chiesto di realizzare una versione dell'edificio con il mio stile e la mia tecnica. La mia versione è diventata un'ulteriore traduzione o transizione del progetto originale di Baer e della traduzione di Oscar. Ogni versione sviluppa le proprie caratteristiche. La mia è definita dal materiale utilizzato con le sue impronte, ma anche formalmente un po' diversa. Per Roma abbiamo ricostruito la versione di Vienna, ma qui appare molto diversa. A Vienna si trovava in uno spazio stretto e aperto su due lati, a Roma è accessibile da tutti i lati, si può guardare attraverso. Naturalmente le persone possono entrare, sedersi e sdraiarsi, leggere, parlare, fare qualsiasi cosa vogliano. Le mie sculture sono spesso accessibili, giocano con l'esperienza fisica e tattile.

CB: Cosa significa l'attivismo per un’artista? C'è qualcosa nell'essere un'artista che ti fa sentire che i sentimenti di vulnerabilità ed etica valgono la pena?

PS: Come artista, mi occupo della "mondanità" in ogni suo aspetto, usando la scultura - in questo caso - come mezzo per mostrare la vulnerabilità. L'atteggiamento si trasforma in attivismo quando si inizia ad affrontare un argomento in modo intenso, a entrare nel contesto e guardare oltre la cornice del mondo dell'arte. Se non facessimo questo, il mondo dell'arte morirebbe di noia e non riuscirei a trovare la motivazione per andare in studio. Se un'opera del genere riesce a riconnettersi con la fonte del desiderio - come fa Oscar - ne vale la pena, se non il suo scopo non sarebbe a lungo termine.

Something in the Water
18 aprile, 2025 — 21 settembre, 2025
Artisti: Lita Albuquerque, Saif Azzuz, Matthew Barney, Christo, Abraham Cruzvillegas, Torkwase Dyson, Leslie Hewitt, Nancy Holt, Pavlo Makov, Virginia Overton, Marjetica Potrč, Ugo Rondinone, Peter Sandbichler, Anna Sew Hoy, Oscar Tuazon.

Immagine di copertina: Something in the Water, vista dell'installazione_fotografia di ®Luis Do Rosario, per gentile concessione di Fondazione MAXXI

Camilla Boemio è curatrice, scrittrice e consulente universitaria, con un focus sui sistemi interdisciplinari e una prospettiva femminista internazionale. È stata curatrice di progetti come Pera + Flora + Fauna alla Biennale di Venezia nel 2022 e mostre come TEN YEARS: BSR People 14-24 alla British School at Rome e The Bouvet Island al Museo Nazionale Etrusco.

Co-fondatrice della piattaforma non profit AAC Platform, ha lavorato su progetti europei innovativi con l'Università Politecnica delle Marche. Nel 2022 ha curato Segno Aperto di Bruno Lisi e Expanded Cinema con Ben River e Mathew Emmett.

Camilla ha partecipato a importanti eventi internazionali, come il padiglione nigeriano alla Biennale di Venezia nel 2016, e ha curato il libro The Edge of Equilibrium nel 2021, presentato a fiere come Artissima e Roma Arte In Nuvola.

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