Arte ed entropia. FENOMENOLOGIA DEL DISORDINE CONTEMPORANEO
Immaginate di mescolare un mazzo di carte da poker. Una, due, tre volte. Ipotizziamo ora di pescare cinque carte, in modo del tutto casuale. L’intuito ci suggerisce che la probabilità di ritrovarsi in mano solo delle carte “rosse” (cuori o denari) è piuttosto bassa. Ho fatto i calcoli: accade, statisticamente, circa una volta su mille. Per pescarle tutte dello stesso seme, invece, dobbiamo confidare in un evento che si manifesta solo lo 0,000495% delle volte. Entrambi gli eventi, per quanto “possibili”, sono quindi decisamente improbabili. Ma cosa c’entra tutto questo con l’arte? Parecchio, in realtà.
L’arte, in termini sociali, è organizzata all’interno di un vero e proprio Sistema. Artisti, critici, curatori, galleristi, collezionisti, mercanti, appassionati, studiosi – tutti loro compongono un (eco)sistema complesso e cangiante che, come qualunque altro sistema, deve necessariamente fare i conti con un concetto che regola l’intero universo: l’entropia.
Di solito l’entropia viene descritta come il “massimo grado di disordine” di un sistema. Sarebbe più corretto, però, parlare di “casualità”. Se pensiamo di nuovo al nostro mazzo di carte, sappiamo che è statisticamente molto probabile pescare cinque carte (dis)ordinate in una configurazione casuale di numeri e semi: quella, per intenderci, è la condizione di massima entropia. In natura, allo stesso modo, qualunque sistema chiuso tende spontaneamente a raggiungere il massimo grado di casualità possibile. È il suo orizzonte finale, definito “equilibrio termico”, dove ogni molecola è distribuita in modo casuale e ogni scambio di energia è ormai impossibile. La vita, in un universo che avrà raggiunto la sua “morte termica”, sarà pleonasticamente impossibile.
Ora: l’arte e l'entropia, a prima vista, sembrano concetti piuttosto distanti. Tuttavia, analizzando l'evoluzione del mondo dell’arte attraverso il prisma dell'entropia, è possibile tracciare un interessante parallelismo. In fisica, come detto, l'entropia misura il disordine di un sistema: maggiore è l'entropia, maggiore è il disordine e la casualità del sistema stesso. Analogamente, l'evoluzione degli stili artistici che si sono susseguiti e moltiplicati nel corso della storia può essere letta come un aumento dell'entropia nel sistema “chiuso” – termine cruciale – del mercato dell'arte.
In termini “iconologici” (per citare Erwin Panofsky), il linguaggio dell’arte si è codificato attraverso un susseguirsi di paradigmi visuali. Nell’arte antica è molto semplice identificare un “attrattore” stilistico, determinato dal basso grado di entropia di un sistema estremamente centralizzato: nel medioevo l’ordine e la coerenza simbolica erano predominanti poiché le opere erano quasi unicamente commissionate da mecenati potenti, come la Chiesa o la nobiltà, che dettavano regole stilistiche e tematiche. Uno studio condotto dall’università di Oxford sull'iconografia cristiana nell'arte medievale e rinascimentale ha dimostrato che il 74% della produzione artistica del periodo compreso fra il 1190 e il 1620 raffigura tematiche religiose. La maggior parte delle opere analizzate presenta inoltre un'alta uniformità stilistica, particolarmente evidente nelle rappresentazioni iconografiche cristiane, dove esistevano canoni rigidi per la raffigurazione di figure sacre come Cristo Pantocratore o la Madonna con Bambino, i quali seguono schemi compositivi e simbolici altamente standardizzati.
Con l'avvento dell'arte moderna, il paradigma è cambiato radicalmente. L'emergere del libero mercato dell'arte e la riduzione del mecenatismo tradizionale hanno determinato un'esplosione di stili e movimenti artistici diversi. Ora, un tale sviluppo della varietà e della complessità stilistica può essere letto come un aumento dell'entropia nel sistema dell'arte. Sotheby's, una delle case d'asta più famosa al mondo, ha condotto un'analisi dettagliata sulla crescita dei movimenti artistici in Europa durante il XIX secolo, con un focus particolare sul periodo tra il 1870 e il 1900: l’obiettivo era comprendere se l’evoluzione e lo sviluppo di stili inediti abbia inciso sul valore percepito delle opere battute all’asta – e, di conseguenza, sul fatturato dell’azienda. I risultati? All’incremento della varietà stilistica degli ultimi trent’anni del XIX secolo (stimato attorno al 325%) corrisponde un aumento delle performance delle opere, che vengono battute in media a un prezzo superiore del 78% rispetto alle opere più antiche, seppur simili in termini di quotazioni nominali. L’entropia, dunque, fa bene al mercato. Almeno a quello delle case d’asta.
Anche Artprice, una delle principali società di analisi del mercato dell'arte, ha condotto uno studio quantitativo e qualitativo sull'evoluzione dei movimenti artistici nel XX secolo, focalizzandosi però sul periodo compreso tra il 1901 e il 1949, un momento storico in cui la proliferazione delle avanguardie artistiche ha letteralmente ridefinito i confini dell'arte. Passando in rassegna oltre 10.000 opere battute all’asta negli ultimi vent’anni, sono stati identificati oltre 60 movimenti artistici distinti: ogni “corrente” – anche laddove non sia classificata rigorosamente come avanguardia – produce un fatturato considerevole e orienta l’acquisto dei collezionisti in base a caratteristiche stilistiche inscrivibili all’interno di una nomenclatura estremamente ramificata. In altre parole: più l’arte diventa “contemporanea”, più la produzione di testi visivi (nell’accezione semiotica del temine) si frammenta in un’incredibile varietà di stili, codici e linguaggi differenti.
A leggere i dati, appare del tutto evidente che anche il Sistema dell’arte sia assoggettato all’entropia. E non potrebbe essere altrimenti, almeno ragionando in termini puramente termodinamici. Il problema è che l’orizzonte entropico di ogni sistema chiuso, come detto, è la sua morte termica. E l’arte? Non sta forse scivolando verso il medesimo, terribile destino?
Se pensiamo al mondo dell’arte come a un sistema che scambia energia e informazioni, l’equilibrio termico – che coincide con la massima entropia possibile – viene raggiunto quando la casualità e il disordine del sistema impediscono la manifestazione di qualsivoglia gradiente energetico utile a sostenere processi dinamici. In questo luogo ipotetico dove regna esclusivamente la “stasi” non esiste più alcuna struttura, poiché l'energia è completamente dispersa: non potendosi accumulare in modo spontaneo, ogni forma di potenziale scompare dall’equazione che regola un sistema in perenne equilibrio. È il caos assoluto. E pertanto calmissimo. Inerte. Immobile.
Il panorama artistico contemporaneo, a ben vedere, possiede più di una caratteristica sistemica che ci suggerisce una tendenza assimilabile al concetto di morte termica. L’estrema volatilità del mercato, per fare un esempio drammaticamente concreto, crea enormi – e spesso ingiustificabili – fluttuazioni delle quotazioni artistiche: il valore delle opere di un artista emergente può variare in brevissimo tempo, “bruciando” il suo nome sull’altare di operazioni meramente speculative. L'assenza di movimenti artistici organizzati, o di scuole stilistiche anche solo vagamente riconoscibili, porta inoltre a una frammentazione del panorama artistico che disorienta il pubblico e gli stessi artisti. Se a questo aggiungiamo la sterminata quantità di materiale prodotto ed “esposto” (anche solo in termini virtuali) ogni singolo giorno, il mercato – di riflesso – non può che degradare verso una totale saturazione.
Volatilità, frammentazione, iper-quantità: nell’approcciare il sistema dell’arte, oggi il pubblico sperimenta una condizione di stasi culturale permanente. Di riflesso, l'interesse per l'arte diminuisce a causa della difficoltà nel trovare valore nella massa caotica degli stimoli offerti. Tutto si appiattisce in un rumore di fondo sterile e privo di significato. E il mercato, almeno quello dominato dalle gallerie più blasonato, sembra irrigidire sempre di più il proprio perimetro d’esercizio. Gli artisti, immersi – magari solo concettualmente – in un paradigma difficilmente intaccabile, sono ancora convinti che per avere successo esista un’unica strada: entrare nel Sistema dell’arte “che conta” gravitando nell’orbita di una grande galleria. Il sostanziale disinteresse del grande pubblico per l’arte contemporanea (determinato, come detto, da una somma eterogenea di fattori diversi) alimenta, viceversa, una “chiusura” del sistema stesso. Ma il Sistema, potendo contare su una élite con un potere d’acquisto sterminato, non sembra affatto soffrire la propria dimensione sempre più autoreferenziale.
Il problema, però, sta tutto nell’entropia. Se il sistema continua a restringersi, irrigidendo progressivamente i propri confini, il disordine e la casualità aumenteranno in modo esponenziale. Già oggi è molto difficile (per chiunque osservi dall’esterno il sistema dell’arte) trovare delle “isole a bassa entropia”, ovvero degli agglomerati di potenziale che emergono dallo sterile rumore di fondo per produrre valore ed energia. Il pubblico si allontana sempre di più dall’arte contemporanea – percependola, ormai, come una massa informe di stimoli caotici, disorganizzati, insignificanti. Lo scambio di energia nel Sistema è (almeno per ora) garantito da una costante iniezione di liquidità che lo foraggia, ma la percezione valoriale esterna non può essere sostenuta esclusivamente da un fattore economico. Anzi.
Occorre cambiare paradigma. L’arte dovrebbe tornare a essere un elemento centrale nella vita delle persone: l’arte è energia, e quell’energia deve fluire liberamente all’interno di un ecosistema aperto. Le “isole a bassa entropia” possono ancora formarsi grazie ad “attrattori” inediti che organizzano il potenziale e lo rendono visibile e liberamente fruibile. La sfida sta tutta nel costruire un vettore originale, capace di attrarre energia per restituirla all’esterno conservandone (perfino amplificando) il proprio significato. Spaghetti Boost, a mio avviso, nasce per questo: per resistere all’entropia.
Fonti:
https://academic.oup.com/jaac/article-abstract/29/4/565/6336703
https://academic.oup.com/edited-volume/37093/chapter-abstract/323226523?redirectedFrom=fulltext
https://www.artprice.com/artmarketinsight/the-art-market-in-2022
https://www.sothebys.com/en/articles/collecting-guide-19th-century-european-arts-quintessential-genres
https://www.sothebys.com/en/buy/auction/2022/19th-century-european-art
https://www.sothebys.com/en/buy/auction/2022/19th-century-works-of-art
Creativo, docente ed esperto di cultura visiva, Alessandro Carnevale lavora in TV da diversi anni e ha esposto le sue opere in tutto il mondo. Nel 2020, la Business School de Il Sole 24 Ore lo ha inserito tra i cinque migliori content creator italiani in campo artistico: sui social media si occupa di divulgazione culturale, coprendo un ampio spettro di discipline, tra cui la psicologia della percezione, la semiotica visiva, la filosofia estetica e l'arte contemporanea. Ha collaborato con diverse testate giornalistiche, pubblicato saggi e scritto una serie di graphic novel insieme al fisico teorico Davide De Biasio; è direttore artistico di un museo all'aperto. Oggi, come consulente, lavora nel mondo della comunicazione, della formazione e dell'educazione.