ESSERE CORPO. Azione e costrizione nell’arte di Michaela Stark.
Nei primi giorni di luglio, in una delle sale della Tate di Londra, in mezzo a numerose tele dipinte, raffiguranti donne in abiti di alta moda, si poteva facilmente notare una figura che sinuosamente si muoveva all’interno di una struttura in legno. Chiffon colorati imbavagliavano e sorreggevano il corpo. Le vesti stringevano la carne umana, che straripava come un qualsiasi altro liquido molto denso in cerca di nuovo spazio.
Si trattava della performance dell’artista Michaela Stark, che, come una moderna Venere, ansimava e cercava una nuova dimensione, all’interno di quel luogo così classico ed elitario. I drappi intrappolavano il corpo e il volto, creando un parallelismo tra quella fisicità e le movenze della Verità velata, opera dello scultore napoletano Antonio Corradini.
«Disegno lingerie perché mi fa sentire libera e disinibita dalle mie insicurezze quotidiane, perché mette in mostra la mia corporatura, la enfatizza, la celebra e la feticizza. Dedico davvero molto tempo alla creazione di lingerie perché rende il mio corpo qualcosa da desiderare.»
A parlare è Michaela Stark, un’artista e stilista nata in Australia, che oggi vive a Londra. La sua attività principale è la creazione di intimo femminile e capi di haute couture personalizzati e unici, progettati per scolpire e sfigurare il corpo.
Ogni pezzo che Stark crea è realizzato su misura, utilizzando tecniche di alta moda. Spesso ricorre a sete delicate, tessuti dipinti a mano e decorazioni complesse. Ogni sua creazione è progettata per evidenziare le forme del corpo di chi lo indossa, che sia lei stessa o una cliente.
«La maggior parte delle ispirazioni per i miei pezzi provengono dai movimenti naturali del corpo, in realtà mi piace filmare me stessa mentre vedo il mio fisico che si muove in modo organico e fluido, osservarlo come rimbalza, che cosa succede quando lo stringo, lo tiro o lo lego. Quello che desidero è portare avanti una sperimentazione corporea per vedere quali sono i limiti della mia silhouette o delle mie forme.»
La moda per Michaela Stark diventa un personale campo d’indagine, un processo organico e fisico per decostruire gli ideali tradizionali di bellezza e sfidare le norme sociali attraverso vestiti e accessori che spesso vengono accusati di essere le cause principali dei disagi e delle problematiche sociali legate al corpo femminile. Le performance e i capi di haute couture di Stark nascono con l’obiettivo di esprimere quella libertà necessaria che ogni individuo dovrebbe avere anche nel modo di mostrarsi agli altri.
Viviamo in un’epoca in cui i canoni di bellezza tradizionali sono sempre più messi in discussione. Questo cambiamento passa anche attraverso artisti come Michaela Stark, che con il suo lavoro propone una nuova visione del corpo femminile che esce dai confini delle aspettative sociali. È interessante comprendere come il suo approccio artistico possa ridefinire ciò che consideriamo “bello” e “accettabile”.
Dopo la sua performance alla Tate di Londra, molte immagini di quell’evento sono circolate sui social, una diffusione massiva che ha fatto arrivare sugli schermi di molti cellulari le immagini di quel corpo. Questo ci fa comprendere che canali di espressione come Instagram hanno un impatto significativo sul nostro senso critico, che però può essere sia positivo che negativo. Da un lato, offrono una piattaforma per le voci che promuovono la body positivity e per artisti che, come Stark, cercano di cambiare la narrazione sulla bellezza. Dall’altro, perpetuano spesso immagini di corpi ideali che possono alimentare l’insicurezza e la dismorfia corporea. La soluzione sta forse in una pluralità di voci che provano a mostrare una varietà di corpi e a celebrare la diversità.
Dopo essersi laureata in una scuola di moda in Australia, il suo percorso lavorativo comincia a Londra, dove inizia a collaborare con piccoli brand di moda. Un periodo che la stessa Stark ricorda come molto entusiasmante, e che le fa comprendere le infinite opportunità di quel settore e le possibilità di mescolare conoscenze di altri ambiti, creando qualcosa di nuovo: una ricerca ibrida fatta di studi sociali, moda, arte contemporanea e performance.
Con il passare degli anni, inizia a lavorare con stilisti di fama mondiale come sarta personale e costumista, offrendole importanti opportunità come quella di andare in tour con Beyoncé e Jay Z e lavorare con grandi marchi di moda per progettare e confezionare capi su scala mondiale.
Il suo processo creativo si evolve di pari passo con le sue competenze tecniche, realizzando pezzi sempre più complessi e per corporature diverse, non solo per le modelle.
Come spesso accade, dietro a un percorso artistico così intenso c’è sempre un’esperienza personale che viene trasformata in messaggio universale. Michaela Stark ha sempre nutrito un amore profondo per la lingerie. Indossarla, per lei, ha sempre significato realizzare una fantasia e farla sentire sicura di sé. Tuttavia, per via delle sue forme e corporatura, si è spesso sentita esclusa dal mondo della lingerie tradizionale. Dai 14 ai 19 anni, l'unico luogo dove poteva fare shopping era un outlet chiamato "Big Girls Don't Cry (Anymore)", l'unico in città che vendeva la sua taglia. È sempre lei a raccontare, in varie interviste, che, come si può immaginare, in negozi di questo tipo non c'erano tipologie di lingerie particolari e delicate, e ogni esperienza di acquisto lì era vissuta come mortificante e frustrante. Da qui l’idea di creare qualcosa di unico, qualcosa che fosse utile per lei e per chi aveva i suoi stessi desideri.
Dalla lingerie si passa poi alle foto e alle performance. Le immagini che crea Stark sono per lo più autoscatti, dove l’artista ha il pieno potere e controllo della situazione. L’immagine, e quindi il corpo, vengono ritratti con la giusta dose di autoconsapevolezza, con l’obiettivo di trasmettere quella stessa serenità e quel senso di sicurezza di fronte alle proprie “imperfezioni”.
Le immagini di Stark non passano certo inosservate. I suoi costumi hanno la capacità di mostrare, senza oggettivizzare, la fisicità della donna. Nei suoi lavori si trovano sentimenti contrastanti a partire proprio dalla lingerie che indossa per le sue opere. Il corsetto, per esempio, è sempre stato l’emblema della costrizione femminile, e dell’essere assoggettate a precisi dettami sociali e di costume. Tuttavia, la potenza della ricerca di Stark consiste nel trasformare simboli come quello in strumenti di libertà, elementi e applicazioni per liberare il corpo da misure canoniche ed evidenziarlo in ogni sua particolarità.
Questa sua determinazione l’ha portata a collaborare con artisti del calibro di Nick Knight, lo stilista Jean Paul Gaultier e a creare look personalizzati per artiste e artisti musicali come quelli citati in precedenza e come Sam Smith e Shygirl, oltre che per le modelle di Victoria's Secret World Tour 23. A tutto ciò si aggiungono anche collaborazioni con musei e Fondazioni culturali. Non a caso, in occasione della Milano Fashion Week 2024 e per la prima volta in Italia, Fondazione Sozzani ha presentato Michaela Stark’s Panty Show, un evento espositivo e performativo, arricchito con le fotografie di Charlotte Rutherford, e incentrato su una trasgressiva mutazione del corpo. Tutto ruotava attorno al concetto di living dolls, bambole viventi che incarnano gli stereotipi estetici del mondo femminile. L’evento ha segnato il lancio anche della nuova linea di Stark, ovvero il suo marchio di lingerie Panty, che utilizza tessuti come seta, tulle e pizzo, progetto in cui vengono condensati tutti gli elementi della sua ricerca.
In questo articolo ho provato a farvi conoscere Michaela Stark, un’artista contemporanea, giovane, ma già con un ampio bagaglio di esperienza alle spalle. Pensate che nel 2023 Forbes l’ha inserita anche nella lista dei “30 under 30” più promettenti nell’ambito dell’arte e cultura. Un riconoscimento che evidenzia le capacità di Stark. In un sistema dell’arte sempre più vacillante, trovare esempi di questo tipo è fondamentale per mostrare nuove possibilità vincenti di cosa significhi essere artisti oggi. Stark è una creativa che esplora l’intersezione tra arte, moda e performance, incarnando l’idea di un’artista ibrida, capace di muoversi con agilità tra diversi campi e settori. Nella sua ricerca riesce a sintetizzare queste discipline diverse, rendendo il suo lavoro unico e significativo. Dimostra che essere artista significa non solo sviluppare una voce propria, ma anche avere le capacità di trovare collaborazioni e sinergie con altri settori, creando nuovi linguaggi espressivi, e riflettendo le complessità e le sfumature della società contemporanea.
Con Spaghetti Boost condividiamo questo approccio multidisciplinare, poiché rappresenta - per noi - un modo nuovo di fare arte, dove la “contaminazione” non è solo un’opportunità, ma una necessità per rispondere alle sfide del nostro tempo.
Alessio Vigni, born in 1994. He designs, edits, writes and deals with contemporary art and culture.
He collaborates with important museums, art fairs, art organisations and is an external consultant for the Fondazione Imago Mundi (Treviso). As an independent curator, he works mainly with emerging artists. He recently curated SNITCH Vol.2 (Verona, 2024), Dialoghi empatici (Milan, 2024) and the exhibition SNITCH (Bologna, 2023). His curatorial practice investigates the relationship between the human body and the social relations of contemporary man.
He writes for several specialised magazines and is author of art catalogues and podcasts. For Psicografici Editore he is co-author of SNITCH. Dentro la trappola (Rome, 2023). Since 2024 he has been a member of the Advisory Board of (un)fair.