
Il Rinascimento del Folk: Tradizione, Natura e Resistenza Culturale
Dalle celebrazioni stagionali ai mestieri tradizionali, un numero crescente di giovani riscopre il folklore come risposta a un mondo sempre più instabile e alienante.
"Tutti i miei amici sembrano molto interessati alla luna in questo periodo", dissi a mia cugina mentre ci sedevamo a cena. Avevo appena finito di leggere Folklore Rising di Ben Edge, un libro in cui l’autore racconta i suoi viaggi nel Regno Unito per visitare e poi descrivere festival e tradizioni popolari. Inoltre, avevo appena iniziato a usare Stardust, un'app che ti dice in quale fase si trova attualmente la luna e in quale momento del ciclo mestruale sei, quindi anch’io mi sentivo più attratta del solito dal mondo lunare. Discutemmo del cambiamento che stavamo notando tra le ragazze intorno a noi: che fosse per una ricerca spirituale, per riequilibrare gli ormoni o per trovare un equilibrio tra lavoro e vita, che non ci facesse sentire come ingranaggi di una macchina, stavamo tutte cercando qualcosa di più — o quantomeno qualcosa di diverso — rispetto a ciò che il capitalismo ci propone come “una vita felice”.
Su Instagram, scopro sempre più artisti, profili e marchi immersi nel folklore e nei mestieri tradizionali. Da @thechurchkneelerarchive, che condivide immagini di inginocchiatoi da chiesa ricamati con varie cose, da versetti biblici a Topolino; alla casa di profumi Ffern, che ha lanciato la “Ffern Folk Foundation” assegnando sovvenzioni da 50.000 sterline a praticanti dell’arte popolare britannica, la tradizione sta tornando “di moda”. Forse l’algoritmo si sta adattando ai miei interessi sempre più folk, ma sembra chiaro che l’artigianato tradizionale e la mitologia legata alla natura stiano vivendo una vera e propria rinascita. Un tempo considerato un ambito di nicchia, ora sugli scaffali delle librerie abbondano titoli su mestieri popolari e calendari pagani, reinterpretazioni storiche come Queer as Folklore di Sacha Coward o raccolte illustrate come Folkish di Victionary, mentre online crescono i creator che si dedicano ai racconti popolari, come Movern Graham, che condivide contenuti con centinaia di migliaia di follower.
Il dottor Guy Hayward, che condivide anch’egli le sue pratiche popolari online, è cofondatore e direttore della British Pilgrimage Trust, che promuove il pellegrinaggio — da lui definito come “un viaggio a piedi verso luoghi sacri/sani/olistici/accoglienti, portando con sé le proprie credenze” — rendendolo più accessibile. Durante questi pellegrinaggi, Hayward racconta di come “attingendo dalla musica popolare e sacra delle Isole Britanniche si possa animare al meglio il paesaggio con storie e racconti antichi”.
Hayward sembra condividere la mia idea, ovvero che stiamo cercando tradizioni che ci ricolleghino alla natura, come rimedio al ritmo frenetico e valutabile in termini industriali e aziendali con cui viviamo. “Sta crescendo la consapevolezza che qualcosa di vitale si è perso nel nostro rapporto con il mondo naturale e con la nostra interiorità”, dice Hayward. “Mentre i sistemi globali vacillano e la vita digitalizzata accelera, le persone si rivolgono a ciò che sembra radicato e duraturo. Le tradizioni popolari ci offrono continuità, connessione ancestrale, e il riconoscimento dei ritmi stagionali. Sono un antidoto all’astrazione e all’alienazione.”
“La storia e le tradizioni popolari offrono un contrappeso alla disconnessione moderna”, continua Hayward, citando l’aumento dei partecipanti a pellegrinaggi e celebrazioni tradizionali come prova di questo ritorno al folk, “c’è una fame silenziosa di appartenenza — non solo a un luogo, ma anche a un tempo.”
Lally MacBeth, artista, curatrice e autrice di The Lost Folk (e fondatrice di @thefolkarchive, che gestisce anche il profilo degli inginocchiatoi), mi ha parlato del cambiamento che sta osservando e che “sembra essere comune tra i giovani, un nuovo approccio inclusivo e aperto, il che è davvero entusiasmante, e penso sia molto promettente per il futuro del folk.” MacBeth individua nel vivere secondo l’anno del calendario stagionale — celebrando i cambiamenti naturali con riti e festeggiamenti — un aspetto particolarmente attrattivo per i nuovi appassionati: “il fatto che ogni anno, il 1° maggio, tu possa danzare attorno a un palo di maggio, che al Solstizio d’Estate tu possa svegliarti all’alba per osservare il sorgere del sole, e che a dicembre tu possa fare il ‘Wassail’ a un melo — tutto questo dà la sensazione che, nonostante tutto, il mondo continui a girare. In un mondo instabile, tutto questo può essere molto rassicurante.”
Secondo MacBeth, queste tradizioni ci offrono speranza in “tempi tumultuosi”, e anche “la sensazione di poter fare la differenza nel mondo — a volte il ‘folk’ viene rappresentato come qualcosa di sciocco o strano, ma credo abbia un potenziale davvero radicale nel modo in cui può portare avanti conversazioni importanti, soprattutto legate al clima e all’ecologia. Celebrando le usanze stagionali possiamo aumentare la consapevolezza dei cambiamenti climatici, e questo può aiutarci a pensare a soluzioni positive su come affrontare problemi come l’insicurezza alimentare, il riscaldamento globale e i disastri ambientali sempre più frequenti.”

Questa stessa radicalità è al centro della missione del Common Folk Collective, nella penisola di Wirral. Il collettivo esplora la cultura folk locale, le storie alternative, e sostiene l’arte comunitaria attraverso spettacoli, mostre e laboratori, con l’obiettivo di “recuperare, reimmaginare, reclamare e ripoliticizzare il folk per il pubblico di ieri e di oggi.” La cofondatrice Rachel Collett mi ha parlato delle radici politiche del revival folk nel Regno Unito: “Il capitalismo ci ha alienato gli uni dagli altri e ci ha allontanato dalle nostre usanze, storie e dall’ambiente. Le persone sono assetate di connessione. Sfortunatamente, alcuni la cercano in modi tossici, come l’estrema destra. Perciò, in molti modi, il revival folk rappresenta un’importante risposta all’ascesa del nazionalismo di destra. Facciamo parte di un movimento che si oppone all’appropriazione dell’inglesità, cercando di recuperare un’identità nazionale che non sia esclusiva o reazionaria.”
Se dieci anni fa folklore e mestieri tradizionali sembravano interessi in via d’estinzione — portati avanti da pochi eccentrici pensionati — la pandemia ha cambiato tutto. L’aver intravisto un mondo non governato dalla produttività, e l’insicurezza causata dai turbamenti globali, hanno spinto molte persone a cercare modi alternativi di connettersi, pregare e strutturare la propria esistenza. Il ritorno ai rituali popolari non è una regressione, però: i giovani dimostrano di saper innovare sulla tradizione (spesso per necessità, dato che molti riti si sono persi nella storia) creando pratiche proprie e potenti. Non si tratta semplicemente di un ritorno al folk, ma di un vero e proprio Rinascimento, che si trasforma per rispondere ai nostri bisogni fondamentali e antichi in un mondo moderno.
Immagine di copertina: Lally MacBeth - The WAD dancing at a Morris gathering, Helston, Cornwall, May 2024
Verity Babbs è una storica dell'arte, presentatrice e comica del Regno Unito. Dirige le serate comiche a tema artistico “Art Laughs”, che si svolgono regolarmente alla National Gallery di Londra, ed è apparsa su BBC Radio 4 e BBC News. Ha scritto per diverse pubblicazioni artistiche, tra cui il Guardian, RA Magazine, Hyperallergic e Artnet News, e ha lavorato come presentatrice per la Tate, la London Art Fair e la galleria Elizabeth Xi Bauer.