LA STORIA DI ELIO FIORUCCI

(Forse) quello che non sai sulla vita di Fiorucci, il genio della moda che ha rivoluzionato lo stile

17.01.25

È il 19 maggio del 1983, sono le ore undici di sera e una folla di gente si accalca alle porte di un edificio, sulla 54ª strada ovest, tra la 7ª e l'8ª Avenue di Midtown Manhattan, a New York. Un volantino riposa sul marciapiede sporco di passi e smog della città. È la lineup della festa che si svolge all’interno di quel locale, il celebre Studio 54. Su quel foglio c’è anche il nome di una disc-jockey, che cambierà per sempre le sorti della musica: Madonna.

Dall’altra parte della strada, lontano da quella folla eccitata, c’è un uomo che osserva quella scena. La strada è chiusa per la quantità di gente che c’è. “Se entro, mi metteranno seduto a un tavolo, mi porteranno bottiglie di champagne e poi rimarrò lì tutto il tempo a parlare e a ridere con chi passerà a salutarmi.” L’uomo decide di restare fuori per godersi quello spettacolo che dall’interno non avrebbe mai potuto vedere. Personaggi famosi in fila, donne mezze nude portate in spalla dalla folla, vestiti provocanti, colori plastici e limousine che si alternano con costante regolarità. 

Quell’uomo guarda quello spettacolo e sorride. “Elio!” Qualcuno chiama “Aspettano solo te per il taglio della torta. Festeggiamo i 15 anni del tuo brand e tu non ti presenti?!”

Fiorucci. Oggi è sufficiente pronunciare questo nome per evocare un immaginario preciso fatto di neon, luci, plastica, arte moda e rivoluzione. Ma da dove parte questa storia? 

GLI INIZI

Elio Fiorucci nasce a Milano l’8 giugno del 1935, in una famiglia felice con quattro fratelli. Vivono tutti nella città lombarda, e i genitori hanno un negozio di pantofole vicino alla loro abitazione. A 8 anni Elio vive gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. La famiglia Fiorucci decide quindi di fuggire da Milano e raggiungere gli spazi verdi delle campagne. È lì che Elio ha il suo primo contatto con la bellezza. Capisce che là, dove c’è violenza e distruzione ci può essere spazio anche per la creatività e lo svago.

A settembre del 1945 l'attività di famiglia riprende. L’Italia è una polveriera di potenziale creativo che era stato incatenato prima dal fascismo, poi dalla guerra. A 16 anni Elio inizia a lavorare nel negozio di pantofole dei genitori. Il lavoro al contatto con il pubblico gli piace. Ha la capacità di leggere con estrema precisazione chi ha davanti e comprendere ciò che accade nel mondo. Capisce che c’è ancora una ricca classe borghese, che dopo anni bui, ha la voglia di ripartire e di dar sfogo ai propri desideri. Le pantofole diventano il suo primo spazio per dar vita alla creatività. Parte da qui la sua passione per la moda, per lui non sono solo ciabatte, ma espressione di un atto creativo e per questo meritano attenzione.

Con l’arrivo degli anni 60, Elio capisce di essere nel giusto momento storico. Per anticipare i trend e le mode in Italia, fa molti viaggi a Londra. Si reca varie volte a Carnaby street, dove si immerge in folle di ragazzi bellissimi, poi il celebre negozio BIBA, dal quale Elio sarà fortemente influenzato per tutta la vita. Siamo di fronte a un nuovo scenario, un nuovo linguaggio fatto dai giovani per i giovani, dove la moda diventa uno strumento efficace per sovvertire le regole e i dettami sociali ai quali tutti loro sono sottoposti.

Gli anni ’60 segneranno una rivoluzione ed Elio riesce a intercettarla meglio di chiunque altro, ispirando un nuovo stile di vita. “La paura crea la mediocrità.” diceva Oliviero Toscani, ed Elio prende questa espressione come suo motto di vita.

IL PRIMO STORE

Nel 1967 è pronto e decide di aprire il suo primo negozio. Sceglie Milano, in particolare uno spazio della Galleria Passerella. Per realizzarlo non chiama un architetto, ma una scultrice Amelia Del Ponte, perché capisce che il suo negozio non deve essere un’architettura, ma un contenitore, tutto bianco, qualcosa che in quegli anni non si poteva neanche immaginare. Un negozio che cambiava in continuazione, uno luogo dove ci si può divertire e respirare una bella atmosfera. Non deve contenere solo gli abiti. Infatti, Del Ponte realizza qualcosa di più simile a una galleria d’arte che a un negozio.

Tutte le commesse sono in minigonna, un esercito di modelle alte, magre, belle che passeggiano al suo interno, che vanno da un piano all’altro tutte sorridenti. Luci, musica, giovani. Chi passa lì vicino si chiede “Ma qual è quel negozio da cui viene la musica?”

Fiorucci vuole proprio questo. I suoi store diventano luoghi dove si fanno mostre, performance e serate incredibili, quello che Elio stava facendo era inventare un nuovo modo di vivere e di esprimersi con la moda. Non è un caso se nel 1968 crea il Pill Plane Gadget. Si tratta di un bracciale in plastica dove le ragazze potevano segnarsi il giorno della settimana in cui prendere la pillola anticoncezionale. Questo lo realizza in un momento in cui in Italia la pillola è legale, ma è illegale pubblicizzarla. 

Il messaggio di questa nuova generazione, di cui Fiorucci si fa interprete, è che con l’arte, la moda e il design si ricerca un rinnovamento della società. In poco tempo il negozio in Galleria Passerella diventa un centro di raccolta per chi la pensa come lui. 

Due considerazioni sul brand Fiorucci. Elio decide di non adottare un logo preciso e unico, quello che fa è di usare simboli diversi, che cambiano con il tempo e si adattano alle situazioni. Gli angeli diverranno l’esempio più iconico di questo processo mostrando un’estetica dissacrante che rimanda all’infanzia. La seconda considerazione riguarda l’assenza e il rifiuto di un art direction. Fiorucci lascia liberi i suoi creativi di sperimentare liberamente. Tutti quelli che entrano negli uffici hanno la sensazione di entrare in un energico caos controllato, così come accade a chi entra nei suoi negozi. Ma si sa, per Elio l’incoscienza vince la paura. 

IL SUCCESSO E LA RIVOLUZIONE

Dopo Galleria Passerella arriva il primo concept store ideato in Italia, nel 1974 in Via Torino a Milano. Uno spazio unico dove all’interno si poteva trovare una fontana, un reparto casa, un settore jeans, reparto dischi, un ristorante americano, una fontana e un edicola. Gli spazi di Fiorucci diventeranno delle vere e proprie piattaforme dedicate alla libera espressione di ogni forma d’arte. Basti pensare che John Cage e Franco Battiato tengono più volte concerti all’interno dello store di Via Torino, facendolo rimanere aperto fino alle due di notte, quando a Milano nessuno lo faceva. I suoi negozi diventano una piattaforma unica in cui le persone si incontrano e si riconoscono. Si va oltre al marketing: è lui a inventare la logica per cui si può uscire dai suoi negozi  anche senza aver comprato niente. 

Nel 1975 decide di aprire a Londra e poi nel 1976 Fiorucci sceglie la 59° strada a New York per il suo quarto store. Per la sua realizzazione chiama Ettore Sotssas e Andrea Branzi, i due architetti più famosi del postmoderno in quel momento. “Fate quello che volete. L’unica cosa che voglio io è la macchinetta del caffè.” Gli dice Elio. 

Quello spazio diventa in poco tempo il punto di riferimento per tutti gli americani. Al suo interno si trova pure un ristorante italiano. Le persone visitano quello spazio perché ci sono opere d’arte e perché c’è la musica. Feste, eventi. Il suo store a New York è un posto sexy.

Anche Andy Warhol sarà un “cliente” abituale di Fiorucci e scriverà nel suo diario: “Sono stato da Fiorucci, c’è tutto quello che mi piace, è tutto colorato, tutto è di plastica”. Sarà così innamorato che decide di fare lì un firmacopie del suo Interview magazine. Warhol e Fiorucci saranno due figure che si influenzano a vicenda. Un giorno Warhol invita Fiorucci a casa, e quest’ultimo gli domanda: “Ma perché i tuoi quadri ovunque io li guardi sembrano sempre modernissimi?” "È semplicissimo, perché io uso i colori del neon”. Da lì i negozi di Fiorucci avranno nel loro allestimento sempre un grande numero di neon. Molti critici del tempo capisco che Fiorucci usa la cultura americana per fare delle riflessioni sulla società del presente.

Negli anni Ottanta, si compie la sua rivoluzione e lo fa con la nascita dei jeans da donna, precisamente con il modello Safety Jeans Buffalo, i primi jeans elasticizzati.

Fiorucci fa il suo primo incontro con i Jeans grazie agli Hippy che vivevano a Ibiza. Le ragazze lì indossano tutti i jeans della Levi’s e sono tutti dilavati per il fatto che entrano in mare con i pantaloni addosso. Elio vede che da bagnati i pantaloni stringono sulla vita, mettendo in evidenza il sedere. Capisce che il segreto sta nel realizzare jeans già sulle misure delle donne.

Per questa missione Fiorucci chiama Mario Morelli, stilista che all’epoca lavorava per Valentino. Va da lui lo assume e gli dice che la sua missione sarà fare i jeans aderenti da donna.

“No, Fiorucci con questo tessuto qui ci puoi fare solo abiti da lavoro. Il tessuto è troppo duro!” Elio non ci sta, iniziano a lavorarci e ritornano al ricordo delle ragazze Hippie di Ibiza. “Laviamo quei pantaloni come loro li lavavano in mare”. Lavaggi su lavaggi, ma il risultato non convince. E allora ecco l’intuizione: spostiamo il cavallo di due centimetri più avanti. Chi lavora per Fiorucci in quel tempo ricorda che le prime ragazze che comprano i jeans si distendono a terra per riuscire a chiudere la cerniera, ma una volta che si alzano in piedi restano stupite. In una vecchia intervista a Calvin Klein alla domanda chi ha inventato i jeans? Lui dice “Devo essere sincero, la prima volta li ho visti da Fiorucci a New York”. 

GLI ULTIMI ANNI E L'EREDITÀ

Fiorucci è un precursore in tutto. Non solo nella moda decide di investire nella musica e anche nella night life aprendo con altri soci lo Studio 54, una delle più celebri discoteche di New York. Si tratta di un ex studio televisivo, l’allestimento è impressionante, basti pensare che al centro della sala principale c’è un enorme cucchiaio di cocaina, che cadeva dalla luna, con dentro una polvere bianca finta che era in realtà glitter. La discoteca verrà chiusa quattro anni dopo per spaccio di droga. Elio Fiorucci è il rappresentante di quell’epoca così magica e meravigliosa, ma altrettanto tragica per i pericoli che riesce a generare.

La sua passione per l’arte esplode nel 1983, quando decide di far decorare il negozio in Galleria Passerella a Keith Hering e Little Angels. Tre notti di lavoro, un tavolo pieno di bottiglie di vino, ed ecco tutto il necessario per passare alla storia con qualcosa di unico che non si era mai visto. 

Dagli anni Novanta inizia la crisi di Fiorucci, vari tentativi di acquisizione, ma senza grandi risultati. Nel 2003 Elio uscirà dalla sua celebre azienda e inventerà un nuovo marchio, LOVE THERAPY. 

Muore a 80 anni nel 2015. 

«No, non chiamatelo stilista, Elio Fiorucci era un sociologo, era uno psicologo della moda, un viaggiatore visionario che ha insegnato alla società a nutrirsi di bellezza. Con le sue creazioni ha scritto un trattato sul costume, ha inventato il Made in Italy e con lui sono nati i Fioruccini, una categoria sociale trasversale allo status e alla politica». Oliviero Toscani, grande amico di Fiorucci, lo descriveva così. 

Forse queste parole sono la miglior conclusione a questo pezzo di Elio Fiorucci, un articolo in cui ho provato a raccontare cosa la collaborazione tra arte, moda e mille altri settori possa creare. 

Qui a Spaghetti Boost lo sappiamo bene. 

Se vi va di approfondire la vita di Fiorucci vi consiglio di andare a vedere quella splendida mostra che è in corso alla Triennale Milano.  

Tutte le foto sono: Elio Fiorucci - Ph. Delfino Sisto Legnani - DSL Studio © Triennale Milano

Alessio Vigni, nato nel 1994. Progetta, cura, scrive e si occupa di arte e cultura contemporanea.


Collabora con importanti musei, fiere d'arte, organizzazioni artistiche ed è consulente esterno della Fondazione Imago Mundi (Treviso). Come curatore indipendente, lavora principalmente con artisti emergenti. Recentemente ha curato SNITCH Vol.2 (Verona, 2024), Dialoghi empatici (Milano, 2024) e la mostra SNITCH (Bologna, 2023). La sua pratica curatoriale indaga il rapporto tra il corpo umano e le relazioni sociali dell'uomo contemporaneo.


Scrive per diverse riviste specializzate ed è autore di cataloghi d'arte e podcast. Per Psicografici Editore è coautore di SNITCH. Dentro la trappola (Roma, 2023). Dal 2024 è membro dell'Advisory Board di (un)fair.

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