
La crisi dell’arte contemporanea: l’assenza di opportunità è la vera occasione per gli artisti emergenti
Il collasso del sistema dell’arte apre spazi di libertà creativa. Perché oggi la marginalità può diventare una forza per artisti indipendenti e curatori insoddisfatti?
Sei un'artista o un curatore? Ti senti insoddisfatto? il sistema dell'arte non ti coinvolge? Questa potrebbe essere la più grande opportunità che hai mai avuto.
Dopo la saturazione di artisti, opere e contenuti che abbiamo vissuto negli ultimi dieci anni, il mercato e il gusto del contemporaneo fanno fatica, proprio perché musei, istituzioni e fondazioni non riescono più a garantire il sostegno e la carriera agli artisti. Molti artisti si dedicano a questa professione facendo un secondo lavoro o supportati dalla “Nonni Genitori Foundation” che rappresenta il vero ammortizzatore sociale dell'arte italiana e non solo. Un ammortizzatore sociale completamente deregolamentato che quindi rischia di trascinare lentamente gli artisti in una dimensione di arrendevolezza e assenza di stimoli. Ma basta guardare la programmazione di Palazzo Strozzi che, per fare mostre Blockbusters in una città super turistica come Firenze, è costretto a ripescare in artisti formati tra anni ‘50 e anni ‘80 come Ai Weiwei, Jeff Koons, Olafur Eliasson, Marina Abramovic, Gerhard Richter, Anish Kapoor e adesso Tracy Emin. In altre parole, abbiamo un buco di 30 anni: non solo il mercato del contemporaneo è in crisi ma NON ci sono artisti contemporanei realmente conosciuti e che possano rivendicare un seguito di pubblico consolidato. Se il sistema non crea opportunità e gli artisti sono marginali, allora cosa abbiamo da perdere?
L’assenza di opportunità rappresenta uno nuovo spazio di opportunità in cui l’artista non ha più niente da perdere, può osare, sperimentare e probabilmente - in questo modo - raggiungere quella centralità perduta.

Non siamo più nei (favolosi) anni Sessanta. Oggi, attraverso il cellulare, la comunicazione e l'accessibilità estrema a luoghi e persone, è possibile sviluppare il proprio lavoro in modo indipendente. Il vero problema sono i contenuti. Prova ad immaginare: OK, ti danno la possibilità di fare una mostra al Guggenheim di New York o ad Hangar Bicocca Milano, cosa faresti? Faresti fatica. Perché oggi tutto quello che sale su questi piedistalli ha già le gambe tagliate in partenza, visto che viviamo una realtà complessa pulsante e iper-comunicativa che rischia di superare qualsiasi finzione. Non ti servirà neanche rifugiarti nella citazione feticistica del passato, come fanno gli artisti affetti dalla “Sindrome del Giovane Indiana Jones”: ossia buttarsi sulla rielaborazione didattica di quello che è successo 70-80 anni fa, come se i giovani fossero costretti a scavare nei cimiteri per trovare qualche valore (apparentemente) sicuro.
Che fare? Se puoi fare tutto? Nella seconda puntata della nuova serie Black Mirror di Netflix, una ragazza ha la possibilità di ottenere esattamente tutto quello che vuole. Però, alla fine della puntata, confessa di essere annoiata e non sapere più cosa fare. Quindi il vero problema non è l’accessibilità a Gallerie, Musei e Fondazioni, ma sta nella capacità di esprimere e trasferire contenuti realmente rilevanti e attinenti alla nostra contemporaneità. Questa possibilità è oggi alla portata di tutti: gli artisti hanno capacità produttive che mai hanno avuto nella storia e possono comunicare autonomamente con pubblico e collezionisti. Potenzialmente non manca nulla. Il vero limite è solo la qualità, ossia sviluppare opere e progetti di valore, che possano uscire dalle secche del secolo scorso e del postmoderno e non rimanere incagliati in quello che nel 2009 ho chiamato “IKEA evoluta”, ossia innocuo arredamento da interni da gonfiare di valore solo tramite il “doping delle pubbliche relazioni”. Per questo, l’isolamento dell’artista e la totale mancanza di opportunità possono diventare la più grande opportunità di cui oggi può godere l’artista contemporaneo.
Immagine di copertina: Artist make changes, Marija Zaric.
“Luca Rossi” è stato definito da Fabio Cavallucci la personalità artistica più interessante in Italia, il "rompiscatole del mondo dell'arte" (Nicolas Ballario) e la "nuova Vanessa Beecroft" (Giacinto Di Pietrantonio). Dal 2009 "Luca Rossi", collettivo aperto, blogger, critico, curatore, artista, figura controversa del sistema dell'arte, cerca di stimolare quotidianamente un maggiore confronto critico nell'ambito dell'arte contemporanea, come materia che potrebbe avere un ruolo fondamentale per il nostro presente. Dalle sue stesse riflessioni critiche, molto popolari nel mondo dell'arte, è discesa una progettualità artistica non convenzionale, progetti di divulgazione e di formazione con la creazione nel 2016 della "Luca Rossi Art Academy & Coaching". Alcuni "nodi critici" sviluppati negli anni da Luca Rossi (“Ikea Evoluta”, “Sindrome del Giovane Indiana Jones” e “Nonni Genitori Foundation”, ecc) sono entrati nel linguaggio dell'arte italiana e hanno modificato la prospettiva e la visione di molti operatori del settore e non solo. Nel 2014 la famosa critica d'arte Angela Vettese ha dichiarato che da quando legge i testi di Luca Rossi ha deciso di non dedicarsi più alla pratica dell'arte ma solo alla teoria.